Subito dopo la fine della seconda guerra
mondiale, l'Italia è un Paese distrutto, un cumulo di macerie fisiche e morali.
Non solo ha perso la guerra, ha perso anche ogni credibilità politica ed etica.
Dove trovare la forza per rialzare la testa, per ricominciare a lavorare e
ricostruire la fiducia insieme alle case, ai paesi, alle città?
Il 10 agosto
1946 De Gasperi rappresenta la neonata Repubblica Italiana alla Conferenza di
Parigi, e davanti ad un'assemblea gelidamente ostile pronuncia un discorso di
grande dignità morale, un discorso che gli conquista la stima dei vincitori, in
particolare del segretario di Stato americano James F. Byrnes.
L'Italia
potrà rimettersi in piedi certamente anche grazie agli aiuti economici
dell'
European Recovery Program, meglio noto come piano Marshall, ma
sarà soprattutto la forza e l'esempio di uomini come Parri, Calamandrei, De
Nicola, Einaudi, Nenni, dello stesso De Gasperi a permettere agli italiani di
rialzarsi da terra e di lavorare per un Paese migliore.
I valori della
Resistenza calati nella politica di una democrazia tutta da costruire sono il
lievito che muove il Paese.
Si può seguire il flusso di questa spinta etica
nei primi anni del dopoguerra, ma troppo presto si possono vedere anche gli
effetti negativi dell' antico malcostume, che un po' per volta tende a soffocare
gli entusiasmi seppellendoli sotto una massa di informe materia costituita da
lotte di partito, guerre di correnti, interessi personali, clientelismi,
affarismi, espedienti per mantenere ogni poltrona, seggiola o sgabello
conquistati per sé.
Ma nel 1948 l'Italia dimostra grande temperamento. Il 14
luglio l'attentato a Togliatti la getta nel caos: si lotta a Montecitorio, si
spara per le strade, ma sono forze vitali che si esprimono, anche se in modo
troppo violento e senza regolamentazione.
Pur divisa fin dall'inizio in due
blocchi ideologici distinti facenti capo alle due grandi potenze (Stati Uniti e
Unione Sovietica), tutta l'Italia vuole riscattarsi dal periodo fascista con le
sue chiusure e i suoi egoismi, per cercare nella lotta comune una via
democratica al progresso: economico, politico, culturale. Ad ogni appello di una
delle due parti, il popolo risponde con grande partecipazione, perché se una
parte crede nei valori proposti dalla Democrazia Cristiana e dalla Chiesa
cattolica, l'altra crede nei valori del socialismo e del comunismo: per entrambe
le parti il richiamo è a valori di partecipazione, di condivisione, di
uguaglianza.
Tutti si sentono spinti da una grande tensione morale a creare i
presupposti per un mondo migliore sia per i singoli che per la collettività.
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Nel 1950 nasce la
Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse per il
Mezzogiorno |
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Le
prime delusioni arrivano però già con le prime importanti riforme: la riforma
agraria del maggio 1950, la legge stralcio dell'ottobre, la legge della Regione
Sicilia del 27 dicembre dello stesso anno si rivelano davvero limitate, frutto
come sono di emendamenti e compromessi. Non riescono a garantire ai più deboli
il possesso di terre sufficienti per una dignitosa sopravvivenza, ma portano
purtroppo acqua al mulino di un folto sottobosco di intriganti e faccendieri
pronti ad approfittare di ogni situazione confusa. Grave colpa di questa riforma
agraria fu quella di aver indebolito e disseccato la linfa di aggregazioni e
cooperazioni che aveva saputo unire i contadini un una lotta comune. Ora il
movimento contadino, sconfitto, si divide e perde ogni capacità di portare
avanti quei valori di solidarietà, di sacrificio , di giustizia per cui aveva
lottato dalla fine della guerra in poi.
Nell'agosto del 1950 nasce la
Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse per il Mezzogiorno
e si decidono altre facilitazioni creditizie per le attività industriali in
Meridione. Un tentativo di mantenere la pace sociale che però va ad alimentare
speculazioni, interessi privati, attività inutili e spesso anche di stampo
mafioso, le infrastrutture del potere politico soprattutto
democristiano.
Come funziona il sistema del potere politico, in modo più
drammaticamente evidente al Sud?
Ce lo spiega Paul Ginsborg nella sua
Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi: "Il partito non era lo stesso in
tutte le località, ma i livelli principali della gerarchia sono generalmente
riconoscibili. In cima vi erano i capi corrente, i leader delle diverse correnti
nazionali. (…) Immediatamente dopo, veniva un gruppo di numerosi notabili:
senatori, deputati di lunga data, recenti ministri e sottosegretari, direttori
di enti speciali. (…) Segretari cittadini e notabili facevano grande
assegnamento sul gruppo immediatamente successivo nella gerarchia, quello dei
grandi elettori, influenti personaggi capaci di raggiungere più di un gruppo
sociale. (…) A un gradino più basso stavano i capi elettori, sergenti caporali
dell'esercito democristiano. Erano attivisti capaci di raggiungere un unico
settore, sia esso lavorativo (gli operai dell'edilizia) o geografico (un
quartiere popolare della città) o perfino criminale (come la camorra a Napoli),
che offrivano servizi - affrettare l'erogazione delle pensioni o il rilascio di
licenze - in cambio di voti. Anche le parentele erano di grande importanza per
costruirsi un affidabile pacchetto di voti. (…) Infine vi era la gente comune
che, in un momento o nell'altro, era diventata cliente del partito
dominante.
Che profitto poteva aspettarsi il partito dai favori dispensati?
Al livello più alto la valuta con cui si ripagavano i favori era il denaro: la
"bustarella" era il pedaggio dell'uomo d'affari o del proprietario speculatore
in cambio dell'attenzione mostrata dagli amministratori locali ai suoi
interessi. Ai livelli più bassi il guadagno principale era naturalmente la
fedeltà al momento del voto, in particolare del voto di
preferenza."
Strettamente legato al sistema partitico era il sistema di
controllo degli enti pubblici, anch'essi "conquistati" da questo o quel partito
e utilizzati senza pudore per controllare i flussi di spesa delle opere
pubbliche, l'erogazione dei crediti a livello locale, l'assegnazione dei posti
di lavoro, dei permessi, dei favori. Particolarmente ambiti erano gli ospedali,
che potevano servire a parecchi scopi oltre a quello di curare gli ammalati. Per
esempio nel 1963 il presidente dell'ospedale di Catania "Vittorio Emanuele",
Alfio Di Grazia, un democristiano alla ricerca disperata di voti per essere
rieletto, ricovererà nel suo ospedale un bel numero di falsi malati residenti in
una circoscrizione a lui estranea per farli votare per lui in quella "giusta". E
non parliamo dell'uso che veniva fatto di prescrizioni e medicinali, fino al
famigerato, più recente caso del dottor Poggiolini…
Scrive ancora Ginsborg:
"Se da una parte questo sistema veniva incontro alle esigenze di molti,
dall'altro la Democrazia Cristiana aveva deluso nella sua capacità di realizzare
uno Stato nel quale gli italiani si potessero identificare.
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Luigi
Einaudi, presidente della Repubblica Italiana durante una parata
militare |
Soprattutto nel Sud, il partito era
visto più come uno strumento da utilizzare che non come rappresentante di un
insieme di valori cui credere.(…) Il cittadino non si sentiva vincolato a uno
Stato che non riusciva a garantirgli funzionari onesti e servizi pubblici
decenti, maggiore giustizia e democrazia, una migliore tutela delle libertà
civili."
E' del marzo 1953 la legge elettorale, subito battezzata "legge
truffa", che prevede un premio di maggioranza: alla coalizione che ottenga anche
un solo voto in più della metà dei voti validi verranno attribuiti 380 seggi su
590 (64%). In realtà questo premio di maggioranza non scatterà poiché la
coalizione aggregata intorno alla Democrazia Cristiana raggiungerà solo il
49,8%, ma queste elezioni, regolate da una legge simile, segnano il distacco
degli italiani da De Gasperi, che a sua volta si sente profondamente
deluso.
Fu davvero una truffa? Forse così dovrebbero essere qualificate tutte
le leggi che prevedono un premio di seggi non guadagnati dalle urne, a maggior
ragione se tale premio è destinato a scattare non solo per chi ha ottenuto la
maggioranza, ma per chi ha ottenuto una maggioranza relativa molto lontana dal
50%?
Si apre ora una stagione di scandali destinata a durare fino alla fine
della prima repubblica, e ben oltre.
L'11 aprile 1953 sulla spiaggia di Tor
Vaianica, a sud di Ostia, viene trovato il corpo senza vita di una bella
ragazza, Wilma Montesi, sparita da casa due giorni prima. Qualche mese più tardi
un oscuro cronista, certo Silvano Muto, ipotizza che la ragazza non sia morta
sulla spiaggia, ma in seguito ad assunzione eccessiva di stupefacenti durante
una festa molto
osé nella tenuta di Capocotta presso Castel Porziano,
residenza abituale del marchese Ugo Montagna. Alla festa, scrive Muto, era
presente anche Piero Piccioni, abituale accompagnatore della signorina nonché
figlio del ministro democristiano Attilio Piccioni.
Senza tenere conto degli
alibi degli imputati, che poi verranno assolti al processo nel maggio del 1957,
il giudice Raffaele Sepe, sull'onda delle insinuazioni dei giornali e delle voci
gonfiate dagli avversari politici di Piccioni padre, fiero oppositore di
Amintore Fanfani, fa arrestare Piero Piccioni e Ugo Montagna. Attilio Piccioni,
che aspirava a divenire il successore politico di De Gasperi alla guida della
Democrazia Cristiana, è costretto dallo scandalo a dare le dimissioni dalla sua
carica di ministro degli Esteri e a porre fine alla sua carriera politica. Una
congiura ordita appositamente da un'ala della DC? "Niente affatto", dice Giulio
Andreotti, e se lo dice lui…
Si comincia in questi anni a parlare di un altro
personaggio molto discusso della tribuna politico-imprenditoriale italiana:
Enrico Mattei, un uomo intelligente e deciso, con indiscusse capacità
imprenditoriali, ex comandante partigiano, cattolico osservante, al quale era
stato affidato il compito di liquidare l'
AGIP, Azienda Generale
Italiana Petroli. Nata in epoca fascista col compito di "cercare, acquistare,
trattare e commerciare petrolio", l'
AGIP non era riuscita a trovarne
per niente sul territorio italiano ed era ormai un rudere da mettere da parte.
Ricorda Montanelli ne
L'Italia del Novecento: "Avuto il giocattolo,
Mattei voleva guardarci dentro molto bene prima di distruggerlo. Lo aiutò
l'ingegner Carlo Zanmatti, che non era un burocrate, ma un tecnico capace. Per
la prima volta egli spiegò a Mattei che le ricerche fino a quel momento svolte
non avevano dato esito promettente per quanto riguardava il petrolio: l'avevano
invece dato per il metano. E a Mattei, che non ne sapeva nulla, chiarì come il
metano potesse essere impiegato in grandi quantità non per l'autotrazione, ma
per uso industriale. Il che esigeva una rete di metanodotti costosi e
tecnicamente impegnativi; ma poteva valerne la pena. (…) Mattei giuocò quella
carta e vinse in cinque memorabili anni".
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"I partiti - dice Mattei
- sono come i taxi. Li chiamo quando servono..." |
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Le
mosse rapide e prive di scrupoli di Mattei cambiano profondamente l'Italia: egli
fonda una corrente democristiana, scava centinaia di chilometri di condutture
per trasportare il suo metano in tutto il Paese, scavalca il cartello delle
Sette Sorelle, le potenti multinazionali del petrolio, vantandosi di
avere violato almeno ottomila fra leggi, regolamenti e ordinanze locali. Nel
1953 Mattei è a capo dell'
ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, e nel giro
di pochi anni il suo potere diventa grandissimo: per quasi dieci anni egli fa in
Italia il bello e il cattivo tempo ottenendo quello che vuole attraverso
regalie, elargizioni, favori. "I partiti - dice Mattei - sono come i taxi. Li
chiamo quando servono perché mi portino dove voglio. Io pago la corsa."
Nell'aprile del 1956 fonda il quotidiano "Il Giorno", con la direzione di
Gaetano Baldacci.
Personalmente incorruttibile, è fonte di mille corruzioni
fino alla sua tragica morte per incidente aereo il 27 ottobre 1962. Chi avrebbe
potuto avere interesse a toglierlo dalla scena? Praticamente tutti: l'estremismo
di destra, ostile a Mattei per le sue aperture al modo arabo produttore di
petrolio; le
Sette Sorelle, scavalcate ed esautorate di buona parte del
loro potere dai rapporti intessuti direttamente dall'
ENI con i Paesi
mediorientali; Israele, e perfino la mafia.
Nel 1956 l'opinione pubblica
italiana è fortemente scossa dagli avvenimenti che hanno luogo nel mondo
sovietico. Dopo la morte di Stalin, il rapporto con cui il 18 marzo Krusciov ne
denuncia i crimini sconvolge le coscienze dei comunisti italiani. Nenni osserva
che il rapporto pone in discussione non solo Stalin, ma tutto il sistema
sovietico, lo Stato, il Partito in sé e per sé, la Terza Internazionale, lo
stesso Lenin.
Togliatti non la pensa allo stesso modo, e tra i due leader si
scava un solco molto profondo.Togliatti fatica ad accettare fatti fino ad allora
rimasti sconosciuti ai socialcomunisti italiani. Lui aveva sempre saputo? Solo
in giugno egli prende posizione, con un ritardo colpevole o quanto meno ambiguo.
Nel novembre dello stesso anno truppe sovietiche entrano a Budapest. E' una
immane tragedia per chi aveva creduto nei principi di libertà e solidarietà
sostenuti dagli insorti ungheresi.
Togliatti capisce bene la portata degli
eventi, ma alla fine sceglie ancora una volta di schierarsi dalla parte
dell'URSS "per impedire la vittoria delle forze reazionarie". Questa scelta
proietta la sua ombra su tutte le forze della sinistra italiana, che ne rimane
gravemente ferita.
Scrive Mammarella ne
L'Italia contemporanea
1943-1998: nel quinquennio 1953-1958 "il rinnovamento morale e civile del
Paese, che avrebbe dovuto scaturire dallo spirito della Resistenza, risulta
definitivamente compromesso dalla spaccatura che la guerra fredda e le crociate
ideologiche avevano provocato. Anche il gusto neorealista e così intimamente
legato ad una stagione della nostra cultura e della vita nazionale è ormai
superato e si cominciano ad esaltare i nuovi miti della ricchezza, del benessere
e dell'intraprendenza personale".
Nell'estate 1960 il governo Tambroni,
appoggiato in Parlamento dai missini, compie un passo falso che suscita scalpore
e costa caro al Paese. In occasione di tafferugli in coda al congresso missino a
Genova, la polizia spara. La protesta divampa in tutt'Italia e si contano morti
a Reggio Emilia, a Palermo, a Catania.La svolta autoritaria progettata da
Tambroni è sventata da un imponente movimento di massa popolare.
E' datato
1964 il piano preparato questa volta dal generale dei carabinieri De Lorenzo, ex
comandante del
Sifar, i servizi segreti delle forze armate, e
denominato "Solo" in quanto avrebbe dovuto appoggiarsi solo sui carabinieri,
l'unico corpo di cui De Lorenzo riteneva di potersi fidare. Già come comandante
del
Sifar egli aveva redatto liste comprendenti oltre 1600 nomi di
personalità di spicco "pericolose per la sicurezza pubblica", e il suo piano ne
prevede l'arresto.
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Licio Gelli,
il capo della loggia massonica segreta denominata
P2 |
De Lorenzo era inoltre pronto ad occupare
punti strategici come stazioni radiotelevisive, centrali telefoniche, sedi di
partiti politici, prefetture. Un piano gravemente sovversivo che verrà reso
pubblico solo anni più tardi, in seguito ad una campagna di stampa scoppiata per
il ritrovamento dei fascicoli
Sifar.
Gli anni del grande
boom sono ormai passati, anche a causa della spudorata lottizzazione
degli incarichi direttivi nel settore pubblico, per cui al vertice delle più
importanti aziende statali si sono ormai asserragliati uomini dei partiti o
comunque da loro scelti, con risultati sempre più negativi. Per l'
IRI
l'ultimo anno in utile è il 1963, per l'
ENI il 1969.
Eugenio Cefis,
il successore di Mattei alla presidenza dell'
ENI, uomo capace ma di ben
pochi scrupoli, non si accontenta di quanto già in sue mani, ma decide di
acquistare, con i soldi dell'
ENI e senza informarne nessuno, pacchetti
azionari consistenti di
Montedison, fino ad assumerne il controllo.
Molto perigliosa l'esistenza di questa azienda, che già era nata da una fusione
tutt'altro che limpida tra
Edison e
Montecatini, e che finirà
nelle mani di Gardini attraverso lotte senza esclusione di colpi. Lo stile
imprenditoriale di Cefis farà molti proseliti negli anni a seguire: incurante
dei risultati di bilancio delle sue aziende, che tanto avrebbero ricevuto sempre
denaro nuovo dallo Stato, egli accumula passivi pesantissimi sui quali fonda un
impero: imprese, giornali, partecipazioni in una miriade di attività sostenute
da finanziamenti ai partiti e ai servizi segreti. A metà degli anni Settanta
questo sistema è ormai una prassi consolidata e diffusa, tanto che all'Alfa Sud
ogni automobile costa un milione più del suo prezzo di vendita!
Tra il 1974 e
il 1975 scoppiano due grossi scandali: quello dei petroli e lo scandalo Sindona.
Il primo è conseguente alla scoperta di uno scambio tra partiti di governo e
società petrolifere: facilitazioni e aumenti di prezzi in cambio finanziamenti.
Il secondo riporta traffici di favori contro soldi tra il banchiere Sindona ed
esponenti della DC.
Nella campagna elettorale del 1976 Berlinguer tenta di
richiamare l'Italia a valori di eticità, austerità, solidarietà, anche in campo
internazionale. In un primo tempo sembra che egli possa raccogliere intorno a sé
e al
PCI, che si era sempre tenuto fuori da maneggi troppo smaccati,
tutti gli animi (tanti) disgustati dall'andazzo generale, con la promessa di
combattere la corruzione e di ritornare ad una politica e ad una gestione della
cosa pubblica più onesta. Ma il sistema incentrato sui partiti di maggioranza
regge, e Berlinguer non riesce ad andare al potere.
Scoppiano uno dopo
l'altro molti scandali: il rapporto Pike rivela i finanziamenti elargiti dalla
CIA, ente di spionaggio americano a molti partiti politici italiani, e
poco dopo il presidente dell'americana Lockheed rivela al settimanale
Panorama di aver distribuito tre miliardi di lire a politici e
funzionari italiani per far acquistare all'Italia un loro aereo, l'
Hercules
C130. Vengono coinvolti in questo scandalo i ministri della Difesa Gui e
Tanassi, l'ex presidente del Consiglio Rumor e perfino il presidente della
Repubblica Giovanni Leone.
Le carenze di un sistema incapace di reagire, di
un apparato statale lento e pesante vengono alla luce in modo drammatico in
occasione del grave terremoto che colpisce l'Irpinia nello stesso 1976 facendo
925 morti e 50.000 senza tetto.
Nel 1980 un nuovo e ancor più violento
terremoto in Irpinia, Basilicata e Cilento denuncia come in 4 anni nulla sia
cambiato e, al di là di sporadici, a volte eroici slanci personali, nessun aiuto
concreto riesca ad arrivare in tempi decenti per alleviare il dolore e i disagi
delle popolazioni colpite.
Un nuovo scandalo petrolifero coinvolge
faccendieri e politici insieme ai vertici della Guardia di Finanza nelle persone
dei generali Giudice e Lo Prete. Ma già nella primavera successiva (1981) un'
altra ondata di sdegno scuote l'Italia intera:
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Alla metà di
giugno del 1983 a Londra viene trovato ucciso il banchiere
Roberto Calvi |
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nel
corso di una perquisizione nella villa di Licio Gelli ad Arezzo viene rinvenuta
una lista con i nomi di 953 affiliati alla loggia massonica
P2. Si
tratta di finanzieri, imprenditori, giornalisti, militari e comandanti dei
servizi segreti
SISMI e
SISDE. All'origine dell'inchiesta e
della perquisizione a casa di Gelli sta un personaggio già noto nel mondo dei
tangentisti e dei faccendieri: il finanziere Michele Sindona, che finirà ucciso
in carcere, avvelenato da un caffè.
Essere iscritti ad una loggia massonica
non rappresenterebbe di per sé un crimine, ma in questa lista si nascondono con
inquietante segretezza personaggi legati alla maggior parte degli scandali degli
ultimi anni: quelli dei petroli; quello del
Banco Ambrosiano;
l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli che era giunto troppo vicino ad alcune
pericolose verità; attività terroristiche; traffici di armi e di droga; progetti
eversivi legati ai servizi segreti.
A Milano e a Torino, nelle città del
Nord, le grandi imprese hanno da tempo accettato l'andazzo di pagare tangenti in
cambio di commesse; al Sud e in particolare a Napoli la corruzione si basa su
una miriade di spese prive di senso, di opere inutili, di burocrazia
gonfiata.
Ricorda Giorgio Bocca: "Nell' azienda municipale dell'acqua
potabile i dirigenti lasciavano che i camorristi versassero rifiuti e coloranti
nell'acquedotto per ottenerne la privatizzazione; alla municipale dei trasporti
sparivano le auto e i pullman, un autista che volesse prendersi una vacanza si
metteva in tasca il carburatore del suo veicolo; alla centrale del latte
spacciavano latte in polvere per latte fresco; il municipio non era un'azienda
amministrativa, ma un ente di beneficenza e di dissipazione: per sorvegliare che
in un palazzo abusivo i lavori non riprendessero si mettevano trenta vigili
urbani".
Quando scoppia lo scandalo delle "lenzuola d'oro" nelle ferrovie
dello Stato, i giornali ne parlano, ma ormai la gente non è più molto
interessata a scoprire sempre nuove ruberie: tutti sanno che i colpevoli non
verranno comunque puniti o nel migliore dei casi se la caveranno con pene
irrisorie, per poi tornare a sedersi sulle loro poltrone e continuare come
prima.
Alla metà di giugno del 1983 a Londra viene trovato ucciso sotto un
ponte il banchiere Roberto Calvi, e il crac del Banco Ambrosiano si rivela
all'opinione pubblica con tutti i suoi addentellati: gli stretti legami di Calvi
con monsignor Marcinkus e la banca vaticana
IOR, i prestiti facili
offerti dal
Banco ai partiti, i rapporti con Ortolani (altro corsaro
della finanza) e il venerabile maestro massone Gelli. Questi finisce in carcere,
ma un anno dopo riuscirà a fuggire.
Si prepara intorno alla metà degli anni
Ottanta lo scenario che porterà alla ribalta Raul Gardini, prima osannato dal
mondo della finanza come il più vivace e furbo industriale della chimica, come
colui che era riuscito a conquistare il posto di vertice in Montedison, poi
travolto dalle migliaia di miliardi (trentunmila!) di debiti accumulati, fino al
suicidio nella sua abitazione di piazzetta Belgioioso a Milano nell'estate del
1993, dopo la valanga di arresti dei giudici del pool
Mani Pulite.
Abbiamo volutamente trascurato in questo lungo elenco di loschi affari il
filone del terrorismo, che ci avrebbe portato a gruppi spesso sostenuti da gente
già coinvolta in altri scandali di basse ruberie, ma non possiamo non ricordare
gli omicidi del generale Dalla Chiesa, dei giudici Falcone e Borsellino e di
molte altri che lavoravano per un'Italia migliore.
Nel giugno 1989 si
svolgono in Polonia le prime elezioni libere nell'Est europeo, e nasce un
governo democratico: nel dicembre Havel dà una svolta democratica alla
Cecoslovacchia; anche la Bulgaria si dà un governo formalmente democratico;
nella primavera 1990 in Ungheria si svolgono elezioni libere che segnano
l'abbandono del comunismo. Il 9 novembre una folla festante apre la prima
breccia nel muro di Berlino e subito si parla di riunificazione. Le
ripercussioni in Italia sono immediate: nel gennaio 1991 non esiste più il
PCI, sostituito dal
Partito Democratico della Sinistra.
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Michele
Sindona, il finanziere protagonista di un famoso
scandalo |
Rimane solo l'ala più integralista,
che si riunisce intorno a Cossutta nel partito di
Rifondazione
Comunista. Nascono le
Leghe , in particolare la
Lega
Lombarda, un fenomeno del tutto nuovo nel panorama politico italiano.
Le acque si sono smosse, anzi sono in tempesta, e quando il 17 febbraio 1992
il presidente socialista del
Pio Albergo Trivulzio, uomo molto vicino a
Bettino Craxi, viene colto con le mani nel sacco mentre incassa una tangente di
sette milioni: i giudici del pool diretto da Francesco Saverio Borrelli non
guardano in faccia nessuno e lo sbattono in galera.
E' l'inizio di una nuova
fase della vita italiana che tutti noi ricordiamo per averla vissuta
direttamente, fra entusiasmi e paure, speranze e delusioni.Quello che per
quarant'anni era avvenuto regolarmente davanti agli occhi di tanti tenuti sempre
ben chiusi, ora viene perseguito, provato, punito. Il coperchio del vaso di
Pandora è stato aperto e ne sono usciti scandali di ogni genere. Andreotti
finisce sotto processo, Craxi scappa in Tunisia; qualcuno si suicida, altri
vanno in prigione .E' una stagione che passa come un tornado sulla vita
italiana, fino a che il vento non cambia nuovamente, escono decreti salvaladri,
si mettono sotto accusa i giudici di Mani Pulite.
Ma perché si ruba tanto?
Perché da noi si ruba più che negli altri Paesi industrializzati?
In Italia
non si è mai riusciti a costruire un forte senso dello Stato e un po' di
orgoglio nazionale. Mancano le basi minime di educazione civica: quello che è di
tutti per gli italiani è come se non fosse di nessuno, mentre in realtà è di
ciascuno. I furbi sono generalmente apprezzati, e se vengono sorpresi a rubare
li si scusa in quanto vittime di un "piccolo incidente". "Fregare le tasse" è
più o meno lo sport nazionale: lo sa bene anche il fisco, che impone tasse
inique nella convinzione che comunque quasi nessuno le pagherà. Rubare per il
partito o per il proprio gruppo di appartenenza non è reato, nella coscienza dei
più.
Per sopravvivere in una società debole e malata l'arte di arrangiarsi è
l'unica che permette di alleviare a sé e agli altri disagi più o meno piccoli, e
restare all'interno di una catena solidale basata su clientelismi e favore è
un'abitudine molto ben radicata, specialmente in Meridione.
Infine,
l'esistenza di miriadi di leggi e leggine: tante, tantissime, così tante che è
impossibile controllare che vengano rispettate, è praticamente un invito a non
osservarle.
Ricordo che pochi anni fa a Buenos Ayres, grande metropoli non
certo del tutto tranquilla, il problema delle automobili in sosta selvaggia era
diventato così grave, che il sindaco decise di appaltare ad alcune ditte private
il compito di rimuovere i veicolo parcheggiati irregolarmente. Queste ditte si
diedero da fare seriamente, rimossero tutti gli autoveicoli in sosta vietata, e
dopo sei mesi erano tutte praticamente sull'orlo del fallimento: i cittadini
avevano capito che non potevano più lasciare l'auto fuori dagli spazi consentiti
pena l'immediata rimozione, ed osservavano i divieti portando a zero il lavoro
delle ditte addette al portare via le loro macchine.